La Nuova Via della Seta: opportunità e rischi

Il gigantesco progetto della Nuova Via della Seta, promosso dalla Cina, mira a ridefinire il sistema di rapporti economici e politici a livello globale. Una strategia con molti pro e contro. Ma soprattutto, quale sarà la posizione dell’Italia?

di Renato Uggeri

Il memorandum d’intesa con Pechino che il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha recentemente firmato, formalizza l’adesione dell’Italia alla Belt and Road Initiative (BRI), il grande piano infrastrutturale cinese che coinvolge Asia, Africa ed Europa. Il progetto mira a rafforzare i collegamenti infrastrutturali, commerciali e di investimento tra la Cina e altri 65 Paesi che rappresentano nel loro insieme oltre il 30% del PIL globale, il 62% della popolazione e il 75% delle riserve energetiche note.

Due corridoi economici attraverso una serie di infrastrutture e nodi
La Belt and Road Initiative prevede la creazione di due corridoi, uno marittimo e uno terrestre, con l’obiettivo di fare della Cina il perno di una complessa rete di collegamenti. Per la realizzazione della rete, che si snoderà attraverso una serie di infrastrutture e nodi, sono già stati stanziati oltre 100 miliardi di Euro.
Sin dall’inizio, la Cina ha tenuto ben distinta la Silk Road Economic Belt o Via della Seta, il tratto terrestre del progetto che collega la Cina all’Asia centrale e meridionale e si spinge verso l’Europa, dalla Maritime Silk Road, la sua controparte marittima che collega la Cina alle nazioni del Sud-Est asiatico, alle nazioni del Golfo, al Nord Africa e all’Europa. Completano il quadro altri sei corridoi economici. Più in dettaglio, la Via della Seta si configura come una serie di “ponti terrestri” autostradali o ferroviari fra loro connessi e destinati a svolgere il ruolo di rotte commerciali e tratti d’incontro tra i Paesi interessati, dalla Russia al Myanmar, a loro volta membri dell’Asian Infrastructure Investment Bank che veicola finanziamenti e disponibilità economiche. Tra i “ponti” più importanti vi sono il China-Pakistan Economic Corridor (Cpec) e il New Eurasian Land Bridge (Nelb) che connetterà Cina e Germania attraverso Russia e Kazakistan. La Nuova Via della Seta richiama, nel suo stesso nome, l’epoca degli scambi nei grandi spazi euroasiatici, l’era delle carovane che attraversando Siria, Iran e Asia Centrale consentivano il commercio tra il bacino del Mediterraneo e la Cina.

L’Italia come testa di ponte per gli interessi cinesi in Europa?
Per l’Italia, la Nuova Via della Seta è particolarmente interessante, perché le rotte dei collegamenti via terra e via mare confluiscono nella nostra penisola e precisamente a Venezia, richiamando così Marco Polo e i suoi viaggi in Cina.
L’iniziativa ha invece ricevuto molte critiche dagli Stati Uniti per i timori che possa trasformarsi in una sorta di cavallo di Troia per far prevalere gli interessi di Pechino in Europa.
Irritazione anche da parte dell’Unione europea che ha già richiamato gli Stati membri a non attuare iniziative del genere da soli. Ma in Europa anche altri Paesi come Ungheria, Polonia, Grecia e Portogallo hanno firmato il memorandum di intenti con Pechino. I più critici ritengono che l’Italia possa fungere da testa di ponte per un approdo strategico della Cina in Europa. Tuttavia, considerando che il mercato cinese è quello con la maggiore crescita di domanda al mondo, potrebbe trattarsi di un’occasione per le esportazioni del made in Italy.
Una ventina gli accordi che affiancano il memorandum, per un valore di circa 20 miliardi di Euro. Alcuni sono commerciali, alcuni strategici come quelli con Cassa depositi e prestiti, che prevedono l’emissione di Panda bond (obbligazioni che puntano a raccogliere capitale da investitori istituzionali cinesi, e che servono per finanziare le aziende italiane presenti nel Paese asiatico).
Una curiosità: si è parlato anche della possibilità di disputare una partita ufficiale del calcio tricolore in Cina, nel quadro di un accordo pluriennale sul modello di quello siglato con l’Arabia Saudita per la Supercoppa.

Quali sono i pro e i contro?
Un esempio portato contro l’accordo è il caso del porto del Pireo in Grecia, di cui la compagnia cinese COSCO ha acquistato il 67%. Se è vero che il traffico nel porto mediterraneo sta aumentando notevolmente, il prezzo politico di questo risultato potrebbe essere alto. Un altro esempio potrebbe essere il tunnel che collegherà nel prossimo decennio Helsinki in Finlandia con Tallinn in Estonia, e che sarà realizzato in larga parte attraverso fondi cinesi destinati alle infrastrutture incluse nella Via della Seta. Il tunnel sottomarino, il più lungo al mondo, collegherà i due Paesi e avvicinerà la Scandinavia al centro dell’Europa. È altrettanto vero che molte nazioni in via di sviluppo si preparano a cogliere i frutti degli investimenti cinesi. Molti hanno un forte bisogno di infrastrutture nuove e di miglior qualità, considerata la crescente pressione esercitata sulle strutture esistenti dall’aumento della popolazione, dallo sviluppo economico e dall’urbanizzazione. Intanto, l’Europa riesamina la sua politica con la Cina proponendo “10 azioni” agli Stati membri, con l’obiettivo di avviare una discussione per migliorare l’approccio europeo. Vengono richieste, in particolare, la reciprocità nell’accesso al mercato e agli investimenti, e una maggiore consapevolezza dei rischi per la sicurezza nazionale creati dagli investimenti stranieri in attività, tecnologie e infrastrutture strategiche.

Controllare la maggior parte delle infrastrutture
La Nuova Via della Seta è la testimonianza della nuova fase di espansione dell’economia cinese e, dal punto di vista logistico, ha uno scopo preciso: collegare Europa e Asia controllandone la maggior parte delle infrastrutture. Direttamente, con operai a lavorare nei cantieri, dipendenti a dirigere gli uffici, armatori e ferrovieri a trasportare tonnellate di beni. Indirettamente, investendo con finanziamenti e prestiti l’enorme riserva di liquidità accumulata negli ultimi decenni passati a fabbricare oggetti di consumo per il mondo (inoltre, circa il 70% dell’acciaio, che serve per costruire binari e ponti, viene dalla Cina).